La storia della fotografia panoramica è antica quanto la "semplice" fotografia o quasi: l'idea di riprendere una visione circolare viene attuata inizialmente con la semplice tecnica del mosaico di immagini, scattando cioè una serie di foto in sequenza, ruotando la fotocamera, e poi accostando ed incollando le stampe l'una con l'altra.
W.H. Fox Talbot è considerato uno fra i primi ad aver usato questo metodo, che non richiedeva fotocamere particolari.
W.H Fox Talbot, Talbot's printing establishment at Reading - c.1845
Calvert Richard Jones, Napoli - 1845-1846
Sempre in daguerrotipo il panorama di Cincinnati datato 1848 ad opera di Charles Fontayne e William S. Porter
Charles Fontayne e William S. Porter, Daguerreotype View of Cincinnati Taken from Newport - 1848
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Di Aimé Civiale, fotografo documentarista del territorio delle Alpi è una delle prime fotografie (1866), realizzata in quattordici daguerrotipi, con un angolo di campo di 360° completi.
E' particolare come la visione dell'intorno si esprima in particolar modo in montagna: la tradizione dei panorami fotografici spetta pricipalmente agli alpinisti.
Aimé Civiale, Panorama circulaire pris de la Bella Tola - 1866
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Felice Beato, fotografo inglese di origini italiane, ha prodotto una grande quantità di immagini panoramiche (molte in oriente ed in Cina), la maggior parte copriva non oltre i 180° di angolo di campo.
Costantinopoli - 1876, Felice Beato con James Robertson
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Qui sotto invece una ripresa di 360° realizzata da Muybridge nel 1877 a San Francisco:
San Francisco 1877 - Eadweard Muybridge
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Il foto-mosaico o la sequenza spaziale di immagini è una tecnica lungamente usata: per anni ed ancora oggi, gli architetti, per documentare in una unica immagine ampi scenari, creano delle sequenze di stampe fotografiche, che opportunamente rifilate, vengono montate e incollate su cartoncino.
Anonimo, Aprilia - 1931
Andrè Corboz - ILAUD 1995
T. Garbasso - Urbino, area della fornace - ILAUD 1995
Molti artisti e fotografi hanno usato questa tecnica: Paolo Monti ad esempio, usa due sole fotografie, individuando sapientemente il punto dove deve cadere la giuntura delle stampe...
Palazzo Ducale, Venezia - Paolo Monti, 1981
Lo svizzero Emil Schulthess, nel 1950 scatta ventiquattro fotogrammi, ad un ora di intervallo a coprire l' arco della giornata, e ruotando ogni volta la fotocamera di 15°, a coprire l'intero cerchio di 360°: una sequenza sia spaziale che temporale.
Schulthess è ricordato per il suo libro sulle alpi Swiss Panorama del 1982 una documentazione a 360° presa dall'elicottero dei panorami alpini svizzeri usando la fotocamera Roundshot della Seitz.
Emil Schulthess, Mitternachtssonne, Hekkingen, Norvegia - 1950
David Hockney dagli anni '80 crea paesaggi e vedute formate da mosaici di centinaia di Polaroid o stampe fotografiche. In alcune copre i 180° di angolo di campo verticale(1)
David Hockney, Pearblossom Highway, 11-18th April 1986, #2
David Hockney, The Brooklyn Bridge, Nov. 28 1982
Come Hockney, l'artista concettuale olandese Jan Dibbets unisce immagini scattate in sequenza spaziale e ne riporta l'angolo di campo.
Jan Dibbets - Panorama Dutch Mountain 12 x 15° Sea II A 1971
Cristina Omenetto scatta una panoramica sul tetto del World Trade Center (nel 1995) ottenuta usando una fotocamera Holga con una sequenza di scatti "giuntati" dal fatto che la pellicola viene trascinata ad ogni scatto non totalmente dello spazio dell'inquadratura, e quindi con una sopvrapposizione fra uno scatto e l'altro.
Cristina Omenetto, WTC-New York - 1995
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NOTE
1) David Hockney è stato notoriamente critico sulla fotografia: "Va tutto bene, se non ti dispiace guardare il mondo dal punto di vista di un Ciclope paralizzato - per una frazione di secondo". Nei collage di foto che ha fatto nei primi anni '80, è stato in grado di superare quello che ha definito "la tirannia della prospettiva a singolo punto di vista."
Per creare ogni collage, Hockney scatta centinaia di istantanee di un singolo oggetto o una scena per periodi di minuti o ore - catturando efficacemente il passare del tempo - che poi combina in un'opera unica. Mentre ogni fotografia ha il suo singolo punto di vista, quando assemblata con le altre, viene raggiunta una compresenza simultanea di prospettive.
L'esperienza di Hockney come disegnatore è stato fondamentale nella sua attenta aderenza a questi diversi punti di vista in composizioni strettamente saldate fra loro - in realtà, egli considera queste opere come disegni e le chiama "joiners", congiunzioni.
(Da: A Bigger Exhibition - DeYoung Museum , San Francisco, ott 2013)